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Una settimana fa, in un'insolita non troppo fredda notte cesenate, sono andata a vedere il film di cui mi accingo a parlare, The Libertine. L'interesse per questa pellicola era dettata soprattuto dal faccione intrigante e sensuale di Johnny Deep che emerge dalla locandina in bianco e nero del film. La faccia di Johnny è bella indipendentemente dalla locandina sulla quale è stampata.
Del film sapevo poco e niente, per cui ci sono andata non troppo prevenuta, ma curiosa di quello che stavo per vedere. Con stupore ho poi letto in questi giorni dure critiche e spietate recensioni su un film che a dire il vero è molto piacevole, nonostante quello che il protagonista dice nel prologo del film:"Non vi piacerò".
Il film parla di John Wilmot, secondo Duca di Rochester, famoso poeta e commediografo della Londra del 1600 post-Shakespeare, noto per la sua vita anticonformista. Per la trama del film e per la vita e le opere del Wilmot vi rimando ad un qualsiasi motore di ricerca sul web.
Il film è un adattamento cinematografico dell'omonima opera teatrale di Stephen Jeffreys (che nel film è lo sceneggiatore di se stesso), e di questa origine teatrale del film ci si rende conto dalle inquadrature, dalla fotografia e dalla luce utilizzate nelle riprese. Si ha l'impressione, dai numerosi primi piani (ai quali non sfuggono sudore, unto della pelle, e imperfezioni piccole e grandi del volto), dai movimenti della telecamera che seguono traballanti gli attori, dalla penombra della luce di candela (scelta artistica del regista Laurence Dunmore, che firma con questo film la sua opera prima), di trovarsi su un palco teatrale o quanto meno in una primissima fila di un teatro inglese, o addirittura di essere l'interlocutore delle varie parti declamate. Il film ha un prologo ed un epilogo recitato dal protagonista, proprio come in una pièce teatrale. Il linguaggio è poeticamente elaborato come in un libretto (abbiamo pensato, io e il mio accompagnatore cesenate, che in originale l'inglese sia quello del XVII secolo, ma non ho ancora trovato nulla a sostegno di questa teoria). Il film è stato percepito --forse per colpa del trailer cinematografico-- come la storia di un uomo dissoluto (interpretato da un attore relativamente dissoluto e bellissimo...lo so, sono ripetitiva!), e per questo ci si aspettava malizia, lussuria, festini vari e chi più ne ha più ne metta. Niente di tutto ciò. Qui il Duca di Rochester sembra più impegnato in un amplesso con l'arte della composizione letteraria (poesia o commedia che dir si voglia) piuttosto che con prostitute o attrici-prostitute che pure compaiono nel film. Secondo me è molto meglio godere di questi aspetti letterari che starsene seduti a guardare due ore di stravizi di un conte inglese del diciassettesimo secolo che muore deturpato dalla sifilide, cosa che, aihmè, ci si aspettava invece da chi ha stroncato il film.
Insieme al bel Johnny ci sono anche il John-mito vivente- Malkovich, una Samantha Morton (la Agatha di Minority Report ) piuttosto in carne, le musiche sono di Michael Nyman...che altro dire??