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mercoledì, marzo 12, 2008

Le terme al cinema...!


Ieri sera sono stata all'Istitituto Giapponese di Cultura per un'altra serata cinematografica!

Come da programma si è svolta la tavola rotonda "L'anti-cinema di Ozu", che è il titolo del libro scritto dal regista Yoshida Kiju e tradotto in italiano da Doi Hideyuki (professore all'Università di Tokyo in Firenze). Tuttavia la serata si è incentrata tutta sull'opera di Yoshida e sull'attrice Okada Mariko, entrambi presenti in sala.

L'introduzione e i convenevoli di rito anche questa volta sono toccati al direttore dell'Istituto Giapponese di Cultura, Takada Kazufumi. Gli ospiti sono stati ulteriormente introdotti dallo stesso Doi, da Donatello Fumarola (critico cinematografico) e Marco Mazzi (critico e videoartista). Per problemi familiari non è stato presente Enrico Ghezzi.

Ha iniziato a parlare Fumarola, sempre attento a pescare nell'aria (con calma...pure troppa) la parola giusta (per un manuale di critica cinematografica) per esprimere concetti che il povero Doi ha dovuto cercare in qualche modo di tradurre in giapponese per Yoshida. Ma queste sono considerazioni personali. Passiamo ai fatti. Il placido Fumarola aveva già incontrato tre anni fa la coppia Yoshida-Okada giunta in Italia (in cinque città) per una retrospettiva completa delle opere del regista. Fumarola ha anticipato anche che la coppia sarà ospite a Parigi dopo Pasqua per una rassegna di 19 film del regista...sembra che la coppia di artisti abbia con la capitale francese un rapporto speciale (Yoshida vi ha soggiornato per cinque anni, e la sua formazione dipende molto dalla Francia, come dirà in seguito lo stesso regista). leggendo il libro "L'anti cinema di Ozu" Fumarola si è chiesto se ciò che ha scritto Yoshida non sia tanto un libro sul cinema di Ozu, quanto piuttosto un'auto-biografia. Raccontando il cinema (o l'anti-cinema) del grande regista giapponese, Yoshida in realtà traccia il suo percorso di cineasta, descrive il suo rapporto con il cinema, con gli altri registi e la case di produzione della cosiddetta "nouvelle vague" giapponese, la sua idea di cinema...sempre utilizzando Ozu come uno "specchio".

Su Yoshida il più animato (!) Mazzi ha raccontato invece un aneddoto. Due anni fa lo ha incontrato e lo ha intervistato in un ristorante. Non era proprio un felice momento per Mazzi, perchè gli era presa una colica, e non riusciva a mangiare niente. Stare lì in un ristorante, con le portate davanti, simulando il mangiare, gli faceva pensare di recitare una scena cinematografica. Manifestato questo pensiero a Yoshida, il regista ha commentato: "L'immagine non esiste. Ciò che inseguo durante la lavorazione dei miei film non è l'immagine, ma la parola. L'immagine sfuma rispetto alla parola". La parola. Questa secondo Mazzi è il cuore e la pelle di molti film di Yoshida. Nonostante questo il regista può essere definito anche un filosofo dell'immagine, perchè durante gli anni '60 ha percorso strade di pensiero inedite per quegli anni, e che sono attuali, o comunque suscitano interesse anche ai giorni nostri. Yoshida si forma con la filosofia francese (con quella di Sartre in particolare), ed è interessato all'esistenzialismo, ai primi germi del post-modermo, alla cultura del '900, rimanendo tuttavia legato alla sua cultura, quella del paese dal quale proviene.

Secondo Mazzi il film Akitsu Onsen (Le terme di Akitsu) offre un giusto approccio all'intera opera di Yoshida. Nel cast ha una figura fondamentale (la Okada e il personaggio di Shinko) per il suo concetto di femminilità, e nel film è presente secondo il critico anche un accenno di "anti cinema" attraverso un semplice concetto: una donna presa dal dolore per la sconfitta in guerra della propria nazione piange, e con le sue lacrime risana un uomo. Il pianto della donna diventa la forza vitale dell'uomo. L'interpretazione della Okada in questo film riesce a sintetizzare la complessa rappresentazione del femminile, e per l'attrice questa è una delle interpretazioni più riuscite. Il film è anche importante perchè delinea nel cinema giapponese un inizio, un'alba di post-modernismo, con alcune rotture rispetto al passato (come ad esempio nella scelta da parte del regista di voler far sentire la voce dell'Imperatore che tramite la radio annuncia la resa giapponese quando invece altri registi avevano preferito darne notizia in silenzio, ad esempio riprendendo pagine di giornali). Questa rottura è presente anche in altri film di Yoshida, come in "Donne allo specchio", film che parla del bombardamento atomico senza mai parlare della bomba atomica e delle sue devastazioni, ma raccontando tutto ciò che è stato l'atomica attraverso il racconto del significato che l'atomica ha avuto nelle vite delle donne protagoniste.

Dopo l'introduzione dei due giovani critici italiani, la parola è andata a Yoshida e alla Okada, tradotti in simultanea da Doi.

Dopo i convenevoli di rito, Yoshida ha ringraziato Mazzi e Fumarola, esprimendo la sua gioia nell'averli incontrati anche perchè quando nel 1960 lui realizzò il suo primo film probabilmente i due non erano ancora nati, e l'interesse di gente giovane per il suo lavoro non può far altro che renderlo felice. Il racconto di Yoshida è iniziato con una domanda: chi è il regista? Cosa c'è dietro il mestiere del regista? La passione per il cinema? Per Yoshida è pericoloso dare una definizione del proprio lavoro, la propria opera. Il cinema spetta tutto all'immaginazione dello spettatore, il suo cinema non appartiene a sè, e quindi non tenta nemmeno di dare una definizione del suo cinema.
Per Yoshida e per la stessa Okada il cinema all'inizio non fu una passione, ma un caso. Yoshida ricorda che da bambino, prima della guerra, andava al cinema insieme alla madre a vedere i film di John Ford con John Wayne, e ricorda che la madre gli diceva, guardando i primi piani, le inquadrature ad esempio delle mani di Wayne, che forse quelle non erano proprio le mani di quell'attore. L'iniziazione del piccolo Kiju al cinema è stata che il cinema è una bugia, è finzione. E da piccolo non aveva la minima idea di entrare a far parte di quel mondo di illusioni.

Nel 1945, poco prima la fine della guerra, Fukui, la città dove Yoshida era nato e dove viveva, venne bombardata. Yoshida aveva 12 anni, la sua famiglia venne dispersa, e si verificò un fatto che lo segnò per tutta vita, e che segnò il suo lavoro di regista. Dopo il bombardamento l'istinto spinse Yoshida a fuggire, a cercare tra le macerie delle altre case e tra i morti per le strade la sua casa. Non sa come sia riuscito a sopravvivere a quei giorni, ma forse la sua sopravvivenza fu dovuta alla scoperta di avere due occhi, due sè: un occhio sapeva come fare, come andare avanti, c'era un altro è che lo aiutò a sopravvivere. Per Yoshida i film che lui ha realizzato nella sua carriera appartengono a se stesso, ma sono i film fatti dall'altro sè, e nella sua concezione di cinema, oltre al fatto che i suoi film vengono definiti dallo spettatore, lo spettatore stesso ha un altro sè, oltre a quello cosciente. Il cinema quindi per Yoshida è un dialogo, una conversazioni tra i due sè nascosti, quello del regista e quello dello spettatore.

Dopo questo primo monologo del regista è intervenuta l'attrice Okada Mariko. Lei stessa confessa che all'inizio non voleva per niente diventare attrice. Non era sua intenzione. Perse il padre che aveva appena un anno, e solo molti anni dopo scoprirà che suo padre era una star del cinema muto, che aveva lavorato con il regista Ozu in cinque film. Scoprì questa pesante eredità solo guardando per caso un film di Mizoguchi Kenji dove lavorava il padre. A quel tempo per via della guerra era rifugiata in Niigata. Tornata a casa la madre le confessa che il padre era stata al suo tempo un grande attore. Lì per lì non le venne la voglia di seguire le orme di suo padre, ma l'ambiente in cui era cresciuta; stimolante da un punto di vista artistico, la indirizzo verso quella strada. Si iscrisse ad una scuola di recitazione. Dopo appena una settimana partecipò ad un provino e la scritturarono subito per il suo primo ruolo da protagonista in "Maihime" (La Ballerina, 1951), film tratto dal romanzo di Kawabata Yasunari "Izu no odoriko" (La ballerina di Izu). Il suo esordio da attrice giunse quindi per caso. Il suo nome d'arte lo scelse lo scrittore Tanizaki Jun'ichiro, proprio come fece per suo padre anni prima. Secondo la Okada il suo debutto non andò bene, e fu solo grazie all'incoraggiamento della madre che continuò a recitare. Il film "Akitsu Onsen" è il film numero 100 nella carriera della Okada, che tuttavia lo interpretò giovanissima, aveva (come anche Yoshida) appena 29 anni! E' stato un film da lei fortemente voluto e cercato. Era da molto tempo che voleva fare Akitsu Onsen, ma non ce n’era mai stata l’occasione perchè era tratta da un molto difficile da trasporre in film. Aveva lettola sceneggiatura del primo film di Yoshida, Rokudenashi (Buono a nulla, 1960), e l'aveva colpito molto. Ha subito pensato di voler fare un film con lui, prima o poi. Quando ha esposto il suo progetto alla Shōchiku (la casa di produzione per la quale lavorava il regista) le hanno subito detto che Yoshida avrebbe rifiutato perché lavorava solo su sceneggiature originali. Ma lei continuato a insistere. Alla fine è stato lui a convincerla a fare “il suo Akitsu Onsen”. Lei ha accettato e hanno girato il film. La Okada ha anche prodotto questo film, e sarà proprio Akitsu Onsen ad aprire la rassegna cinematografica di Parigi.

Riprende la parola Yoshida, secondo il quale ascoltare Okada che parla è sempre emozionante. Continua raccontando la sua vita. Nel dopoguerra s'iscrisse all'università scegliendo come indirizzo di studi la letteratura francese (scriverà una tesi su Sartre). Voleva davvero studiare, ma le condizioni economiche in cui versava la sua famiglia allora non gli permettevano di farlo e anzi tutta la società giapponese in quel periodo era poco stabile. Allora decise di cercare un lavoro. Rispose ad un annuncio di lavoro della casa di produzione Shōchiku (a quel tempo non c'era ancora la televisione e il cinema era in pieno boom e gli studi di produzione cercavano personale). All'annuncio risposero 2600 persone, ma solo 8 vennero assunti, tra cui Yoshida. Si rese conto che c'era un divario enorme tra lui e il cinema e doveva quindi partire da zero per colmare questo divario cercando di rispondere anche alla domanda: cosa è il cinema per me? Lui non aveva dei modelli a cui ispirarsi per cercare di farsi un'opinione in ambito cinematografico, e forse questo è ciò che gli ha permesso di riflettere al meglio sulla sua idea di cinema, rendendolo in un certo senso più forte di chi s'ispira a qualcuno nella sua opera. Quando andava al lavoro o all'università, vedeva da treno i cartelloni pubblicitari dei film, e la Okada era già un'attrice famosa. Fu un'altra coincidenza che lo fece emergere come regista dopo appena cinque anni di gavetta come aiuto-regista. Alla fine degli anni '50 la televisione aveva preso piede e il cinema stava vivendo un periodo di crisi. Le case di produzione decisero di puntare tutto su giovani registi esordienti, tra cui Yoshida e un giovane Oshima Nagisa. La casualità che regna sovrana nella carriera e nella vita di Yoshida è stata trasformata via via in necessità, e solo adesso a più di 70 anni Yoshida può affermare con serenità che il cinema lo ha accettato.

Per Yoshida il film akitsu Onsen è più della Okada che suo. Per lui si trattava del quarto film, ed aveva 29 anni come la giovane Okada. Nel film s'incontrano due giovani, un uomo e una donna. Tra i due nasce una storia, un legame che dura per 17 anni, nonostante s'incontrino solo per quattro volte. Racconta quegli anni non tanto con realismo, tuttavia Yoshida si augura che noi spettatori riusciamo ad intravvedere quegli anni del dopoguerra anche se appartengono ad un paese diverso e distante dal nostro. E ci lascia con una domanda: una storia d'amore in cui i due protagonisti s'incontrano solo in quattro momenti e per pochi giorni può essere davvero amore? E' amore l'amore che non è continuo e quotidiano? Yoshida non si pronuncia, spetta a noi definire ciò che lui ha reso come film.


Per me è stato il primo film di Yoshida, e dopo le premesse che hanno fatto il regista e la Okada devo dire che mi è piaciuto di più vederlo. In effetti ci sono molti dialoghi (alcuni anche divertenti per le situazioni in cui vengono detti), e la colonna sonora era davvero onni-presente, anche in qualche scena in cui c'era già della musica suonata da una radio (se non ricordo male)...musica sulla musica, roba strana! Il film era a colori, sottotitolato in inglese sullo schermo, e a parte, sotto, c'erano i sottotitoli in italiano, partiti in anticipo all'inizio, poi si sono ripresi. Il giapponese però non era difficile (per chi lo sa, almeno...e per dirlo io....). Per molti aspetti mi ha ricordato "Il paese delle nevi" di Kawabata: le terme, l'incontro dei due a più riprese, la donna che regala qualcosa all'uomo in termini di voglia di vivere...insomma mi ha fatto piacere vederlo e mi è venuta una gran voglia di andare alle terme! Ecco!

mercoledì, febbraio 13, 2008

Serata con Kitano....!


Ieri si è aperta presso l'Istituto Giapponese di Cultura la rassegna cinematografica "Eccentriche Visioni", e lo ha fatto con un evento speciale, la conferenza intitolata "TAKESHI KITANO storia di un mito - mito di una storia".

Doveva essere l'occasione per incontrare e conoscere Txkun, ma a causa di circostanze sfavorevoli (!) non ci siamo incontrati!

Alla conferenza erano presenti un discreto numero di persone, tra le quali ho riconosciuto due professoresse dell'università. Mi ero illusa di trovare anche Enrico Ghezzi, ma ho sbagliato conferenza, sarà presente alla prossima! Ieri hanno invece animato la discussione Bruno Di Marino, storico del cinema e docente universitario (intervenuto al posto dell'annunciato Stefano Curti, direttore artistico - Gruppo Editoriale Minerva RaroVideo), Donatello Fumarola (critico cinematografico), Carlo Hintermann e Daniele Villa autori (insieme a Luciano Barcaroli) del libro "Il cinema nero di Kitano Takeshi", lavoro che cerca di analizzare il cinema del regista giapponese attraverso una chiave di lettura e propone le sceneggiature di "Sonatine", "Hana-bi", e "Brother".

La conferenza è stata preceduta dalla visione della parte finale dell'ultima opera cinematografica di Kitano, "Kantoku Banzai" (監督·ばんざい, Glory to the Filmmaker!), presentata alla 60ma edizione del Festival di Cannes e che molto sicuramente non uscirà nelle sale italiane, ma sarà direttamente distribuita su dvd.

All'inizio ha preso la parola Di Marino, che ha brevemente illustrato la collana "Eccentriche Visioni" della RaroVideo e dalla quale prende il nome la rassegna dell'Istituto Giapponese. Il "tributo" era d'altronde necessario, appunto perchè durante questa rassegna oltre ai lungometraggi in 16 o 35 mm presenti nella cineteca dell'Istituto verranno pubblicati titoli editi dalla RaroVideo in DVD di autori considerati minori come Masaki Kobayashi e Kaneto Shindo.

Dopo questa introduzione si è iniziato a parlare di Kitano Takeshi. Quello che colpisce nella cinematografia di questo regista è la sua imprevedibilità. Nei primi film sembra seguire una certa coerenza di storia, immagini, e personaggi, fino al terzo film "Silenzio sul mare" (Ano natsu, ichiban shizukana umi, 1991), dove si stenta a riconoscere lo stesso autore. Dopo l'incidente motociclistico del 1994 sembra che Kitano in ogni suo film dica "Da qui inizia per me un nuovo percorso", un percorso quasi sempre di auto-distruzione e poi rinascita.

Secondo Hintermann sembra che il cinema di Kitano ogni volta spiazzi non solo il pubblico, ma anche tutta quella critica cinematografica che cerca d'inquadrare e classificare i suoi film e che non ci riesce perchè ogni film di Kitano altro non è se non una "testimonianza". Prima di affrontare il lungo lavoro che alla fine è terminato con il libro, Hintermann e Villa si sono più volti chiesti: "Attraverso quale porta possiamo entrare nell'universo Kitano"? Le risposte a questo interrogativo sono presenti anche nell'introduzione, scritta da Shigehiko Hasumi, nella quale si legge anche che una delle caratteristiche del cinema di Kitano è il non dichiarare, il mutare continuamente senza dichiarare questa mutazione. Hintermann ha definito questa caratteristica di Kitano con l'espressione "sfinge della mutazione".

Anche Fumarola ammette la difficoltà nel trovare nell'opera di Kitano un collegamento con il mondo esterno (anche cinematografico), e per il critico l'intera opera di Kitano può essere vista come un unico grande film nel quale di volta in volta vengono fuori i diversi aspetti di Kitano: il performer televisivo, il comico, lo yakuza...etc. Una delle iniziali chiavi di lettura poteva essere il noir...ma da quando le sue opere si sono fatte più sentimentali, a volte tenere, è difficile non accorgersi dei tanti percorsi che in ogni film Kitano intende percorrere. Questo si riflette anche nelle sceneggiature delle sue opere: a volte non ci sono proprio e sono improvvisate, altre volte vengono modificate, altre volte ancora ci sono, ma non vengono rispettate.

Hintermann ritiene che esista un "sistema Kitano": l'universo del regista Kitano si accorda con il suo mondo, soprattutto con quello televisivo. Molte volte la scrittura della sceneggiatura di un film avviene durante le pause della registrazione di un programma televisivo, da dove Kitano attinge le immagini fondamentali. In tutto questo lavoro grandissima importanza riveste l'assistente personale di Kitano.

Un altro tema che è stato trattato e che può essere visto come una delle porte dalle quali entrare nell'universo Kitano è quello della dicotomia morte/rinascita. Forse tutto nasce da "Brother", considerato da Hintermann come l'atto sacrificale.

Prendendo come spunto il cortometraggio realizzato da Kitano per il film corale "A ciascuno il suo cinema", realizzato lo scorso anno per festeggiare i 60 anni del Festival del Cinema di Cannes, si porta il discorso sulla relazione tra il cinema mondiale e il cinema di Kitano. Ci si rende conto che mentre si assiste alla tendenza generale di emulare (non si sa poi perchè) il cinema USA, tendenza seguita anche dal cinema europeo, l'opera di Kitano se ne discosta...ma più che sfuggire si rinnova, forse perchè Kitano, proprio per la sua provenienza dal mondo dello spettacolo, è l'unico regista tra i molti ad essersi accorto che il cinema non è solo nelle sale cinematografiche, ma può essere presente, appunto, anche nella TV, che può essere fonte d'ispirazione per il cinema.

Di Marino poi pone la fatidica domanda agli autori del libro: "Che tipo è Kitano dal vivo?". Villa e Hintermann all'unisono dicono che è un tipo molto disponibile, ha improvvisato delle gag (come quando li ha rincorsi per un corridoio dopo un'intervista per portar loro il pacchetto di sigarette che avevano lasciato sul tavolo della sala dell'intervista...e poi si è intrattenuto a parlare e fumare con loro perchè non conosceva quella marca di sigarette e ne era incuriosito), e in generale è sembrato una persona dai modi molto cortesi.

La cortesia di Kitano però ha avuto anche dei limiti! Infatti all'inizio c'è stata una certa diffidenza da parte dell'Office Kitano nella realizzazione del libro, e, come in tutte le organizzazioni giapponesi, gli autori sono dovuti passare per determinati canali avendo sempre un atteggiamento preciso. L'Office poi si è dimostrato molto disponibile, ma Kitano più volte (perchè Villa e Hintermann hanno insistito più di una volta) ha detto NO al progetto dei due di realizzare all'interno del libro anche un'antologia televisiva. Il rifiuto di Kitano è presto spiegato. Innanzitutto per lui la televisione che fa in Giappone risulterebbe completamente incomprensibile al pubblico italiano; e inoltre, cosa più importante, per Kitano la TV non può essere storicizzata, perchè un'opera televisiva si consuma nel momento in cui viene trasmessa (secondo Villa il suo rifiuto per un'antologia televisiva è anche dettato dal fatto che la separazione tra Kitano-perfermer-televisivo e Kitano-regista è molto sentita in Giappone, e molti giapponesi ignorano le opere di Kitano regista conosciute e apprezzate invece all'estero).

La conferenza poi si è conclusa con la proiezione del "One Fine Day" realizzato da Kitano "A ciascuno il suo cinema":



Dopo la conferenza è stato trasmesso "Boiling Point", uscito in cofanetto per la RaroVideo insieme a "Violent Cop".

venerdì, dicembre 28, 2007

Doll house!


Salve a tutti!!!

Lo so, sto trascurando in modo abominevole questo blog, ma come ho già scritto nel precedente post il progetto News dal Giappone assorbe tutto il mio tempo!

Allora, come stanno andando queste vacanze? Io sarò ingrassata una ventina di chili e odio dal profondo del cuore l'inventore del pandoro, quella quintalata di burro travestita da dolce! Ma quanto è buono!!

Domani parto per trascorrere l'inizio dell'anno in quel di Cesena, ma prima voglio lasciarvi con una segnalazione niente male: esce domani la prima casa elle bambole in stile giapponese a fascicoli settimanali!!! Ovviamente è un'opera della De Agostini (ma và?!):

La casa di bambola in stile giapponese rappresenta una novità assoluta, un’opera DeAgostini originale ed esclusiva che permette di scoprire tutta la magia dell’Oriente. Di grandi dimensioni (è alta 66 cm e larga, da chiusa, quasi 80 cm), la casa di bambola in stile giapponese è un vero palazzo in miniatura, ricco di dettagli preziosi che restituiscono il sapore di riti antichi e tradizioni suggestive.

Tutto è riprodotto con fedeltà e amore per il particolare, dai locali destinati ai bagni termali, alle camere da letto, alla sala da pranzo e ai salotti. La stessa cura è posta anche nella riproduzione della facciata e dei dettagli architettonici dell’ingresso, del tetto e degli infissi. Grazie alle componenti precise e di qualità, agli utensili e ai materiali forniti già con le prime uscite dell’opera, la costruzione e la decorazione della casa di bambola in stile giapponese risulta davvero facile e diventa un’ideale occasione di divertimento da condividere in famiglia.

In più, oltre ai pezzi e agli utensili per costruire il modello, a ogni uscita è allegato un fascicolo riccamente illustrato con una chiara guida al montaggio passo passo e una rubrica dedicata allo stile giapponese e a quanto - mobili, arredi, suppellettili, decori - lo ha reso unico e inconfondibile.


La casa ha proprio tutto: la stanza degli ospiti con braciere rustico e tavolo apparecchiato, la stanza con tatami e piatti tipici, l'ofuro nella stanza termale, il genkan all'ingresso...insomma, che spettacolo!! La voglio!!!

Per maggiori informazioni clikkate qui!!

Ci rileggiamo per gli auguri di fine anno e per quelli d'inizio anno!!!

sabato, aprile 21, 2007

Due conferenze!

Due brevi segnalazioni!



Lunedì 23 presso l'Istituto di Cultura Giapponese di Roma si terrà una conferenza dal titolo GIAPPONE MANDALA. Si tratta dell'omonimo libro scritto da Fosco Maraini e presentato in occasione della sua traduzione italiana da Giorgio Amitrano, Gian Carlo Calza, e Franco Marcoaldi.
La conferenza celebra la pubblicazione in Italia del libro "Giappone Mandala", scritto nel 1971 in lingua inglese dal grande etnologo Fosco Maraini, scomparso nel 2004. Nel 2006 il volume, affascinante viaggio di scoperta attraverso fotografie e testi, è uscito finalmente in edizione italiana, corredato da uno scritto di Gian Carlo Calza.
Appuntamento all'Istituto alle ore 18,30.




Per chi invece è interessato ai manga e agli anime segnalo la conferenza di GO NAGAI (il mito!) che si terrà inceve martedì 24 presso l'Aula Magna della Facoltà di Studi Orientali (via Principe Amedeo 182/b, Stazione Termini) dalle 14:00 alle 16:00. L’incontro è merito anche delle radici fumettistiche della facoltà di Studi Orientali dell'ateneo: la professoressa Maria Teresa Orsi è una delle massime autorità italiane sul manga. Oltre al suo intervento, relazioneranno Gianluca Di Fratta, Responsabile per l’Area Orientale della Comicon e ricercatore presso la facoltà, dove tiene lezioni su manga e anime, Matilde Mastrangelo, docente di lingua e letteratura giapponese, e Federico Colpi, responsabile anime e manga di Granata Press e Dynamic Italia prima e di d/visual oggi. Go Nagai NON concederà autografi.

Fine comunicati!

sabato, marzo 10, 2007

Full Metal Catarro!


Eccomi qui!
Dove ero finita? A casa del "moroso" a farmi passare la febbre che inesorabilmente si è impossessata di me e delle mie vie respiratorie durante uno dei miei week-end fuori porta! La febbre è passata già da una settimana, ma mi è rimasto appiccicato alle mucose della gola, della trachea, e di altri organi preposti alla respirazione, un viscido e non proprio bello da vedere catarro verde! Bleah! E ora che pare che le temperature vogliano abbassarsi di nuovo ne vedremo delle belle!!

Tre settimane fa ho iniziato presso l'Istituto Giapponese di Cultura un corso di giapponese avanzato su Murakami Haruki. Credevo che si trattasse di un corso con tanta sana grammatica e conversazione, in realtà facciamo solo letteratura: lettura di testi e commento critico. Premettendo che di terminologia letteraria giapponese non so un emerito tubero, il corso mi risulta assai difficile. Per fortuna mancano solo altre tre lezioni, spero che poi attivino altri corsi, magari quello di traduzione!

E voi? Che combinate? Con la primavera che avanza mi è venuta voglia di fare un viaggetto...chi viene con me a Londra? :D

Ps: in una notte ho fatto una Full Metal Alchemist Maraton, e ho visto gli utimi 11 episodi della serie! Che spettacolo!!! Ogni volta che finivo una puntata dovevo assolutamente sapere cosa sarebbe successo dopo. Alla fine le ho viste tutte!

domenica, gennaio 21, 2007

NANA-DAY a Bologna!!

Tornata da poco dal mio fine settimana cesenate (freddo e nebbia...quando invece ho lasciato la capitale che erano 23°), vorrei raccontarvi di come ho trascorso il sabato!

Con il mio accompagnatore (praticamente costretto da una doppia prenotazione effettuata dalla sottoscritta su internet) sono stata a Bologna al Future Film Festival, per un evento praticamente imperdibile: il NANA-DAY! Nella sala 2 del Cinema Multisala Capitol sono stati organizzati due incontri: il primo con Stefano Brusa, adattatore e direttore di doppiaggio italiano, Federica De Bortoli, doppiatrice, Simona Stanzani, traduttrice e Carlo Cavazzoni, della Dynit; il secondo con Koseki Junko, la chief editor di NANA. Il pezzo forte della giornata è stata la programmazione dei primi quattro episodi dell'anime (con la regia di Asaka Morio), che verranno trasmessi a partire da martedì prossimo su MTV.


Il programma dell'evento prevedeva all'inizio un'ora di chiaccherata con lo staff del doppiaggio e la traduttrice dell'anime. Credo che questa prima parte sia durata poco più di mezzora. Animava l'incontro Carlo Cavezzoni (anche se nessuno si è preso la briga di animare lui...). Il tutto si è svolto con una serie di domande poste dal Cavezzoni a Stefano Brusa (al centro della foto), direttore di doppiaggio e doppiatore lui stesso (John Hensley -Matt McNamara-in "Nip/Tuck"; Ryota Miyagi in "Slam Dunk"; Eiji in "BECK - Mongolian Chop Squad"; Isami Fujiwara in "Noein"; Nobuo "Nobu" Terashima in NANA); Federica de Bortoli , a sinistra nella foto, (che doppia tra le altre, Kirsten Dunst, Natalie Portman, Reese Witherspoon, Alexis Bledel, Kyoko Tokiwa in "Full Metal Panic!" e "Full Metal Panic? Fumoffu", Cheza in "Wolf's Rain", e Nana "Hachi" Komatsu in NANA), e a Simona Stanzani, a destra nella foto (traduttrice di manga quali Orange Road, Video Girl Ai, Sesame Street, Rough, Georgie...).

NANA dovrebbe essere stato il primo (o almeno uno dei primi) anime tradotto dalla Stanzani, particolarmente colpita dall'aspetto punk della serie. Lei stessa si definisce punk, o almeno lo era da adolescente, quando una serie come NANA praticamente se la sognava di notte, e per questo ha accettato il lavoro di traduzione come espressione della sua giovane anima punk. Le difficoltà di traduzione che ha riscontrato hanno riguardato soprattutto l'avere a che fare con la traduzione in italiano del manga di NANA, con il rispettare alcune scelte di traduzione ormani familiari ai lettori del fumetto (ha citato ad esempio il famoso "grande demone celeste" di Nana-Hachi!). Pur considerando appunto l'esistenza di un'altra traduzione ha effettuato anche delle scelte più personali (a volte non corrispondenti al manga) dovute alla diversa natura di quello che stava traducendo: mentre nel fumetto si ha più libertà di traduzione, aggiungendo, per sempio, anche due o tre note per spiegare meglio quello che i personaggi stanno dicendo o per speigare particolari modi di dire giapponesi, nell'anime tale libertà è limitata dal labiale. Quindi alcune cose sono state il frutto di un'intensa collaborazione tra lei e Stefano.

Per quanto riguarda la scelta dei doppiatori, questa è avvenuta un po' a discrezione del direttore del doppiaggio, Stefano. Mentre in Giappone (lo ha detto poi la Koseki) sono state aperte delle audizioni per il cast di NANA e si sono presentate 500 persone (!!), Stefano ha scelto (anche con il parere della Dynit) il cast. Le due Nana sono state frutto di una scelta importante, perchè il problema che si è posto fin dall'inizio è stato: risolviamo entrambe nello stesso modo? Stefano ha deciso di scegliere due attrici completamente diverse tra loro, come diverse sono le due Nana. Per la più dolce e svampita la scelta è ricaduta subito su Federica de Bortoli. La voce della Nana punk è invece quella di Selvaggia Quattrini . Poco estroversa e forse anche un po' timida, la Federica ha solo detto che il doppiaggio di NANA è stato impegnativo, ma mai come quello di Exel! Nana parla tanto, velocemente, a volte si slancia mentre altre volte è più riflessiva e triste, per cui doppiarla non è stato proprio semplice.


La parte più interessante dell'evento è stato l'incontro con la chief editor della serie Koseki Junko (la seconda a sinistra nella foto), collaboratrice dell’autrice Ai Yazawa e direttamente responsabile dell’adattamento animato. Dal 1983 la Koseki lavora presso la casa editrice Shuiesha, e da tre anni segue NANA. Prima dell'incontro con la Yazawa ha lavorato per varie riviste giapponesi organizzando anche parecchi eventi del settore fumettistico. Come chief editor fa soprattutto riunioni con l'autore e lo staff. Per ogni episodio ci sono circa 40/45 fogli da visionare, ed ogni mese hanno delle scadenze, per cui il lavoro è piuttosto pressante. La Koseki conosceva già la Yazawa per i suoi lavori, era già una mangaka famosa prima di realizzare NANA. All'inizio ci furono delle perplessità nella trasposizione del manga nella serie animata, soprattutto perchè la grande notorietà del manga sembrava essere un ostacolo alla realizzazione di una serie animata, che per forza di cose, doveva essere all'altezza del fumetto. Tali perplessità affliggevano soprattuto la Mad House, la casa di produzione dell'anime (era presente all'evento anche il direttore della MH responsabile del progetto NANA). Il problema è stato superato restando fedeli il più possibile al manga. La scelta è stata quella buona, visto che in Giappone il primo dvd della serie ha venduto ben 130.000 copie!


Per la scelta dei doppiatori, come ho detto sopra, per il fatto che ci sono tanti personaggi è stata fatta un'audizione, alla quale si sono presentate 500 persone. Il regista e la stessa Yazawa hanno scelto insieme i doppiatori perche la Yazawa aveva ovviamente in mente le personalità dei personaggi e voleva che voci rispecchiassero il più possibile quelle personalità. Per la scelta delle musiche, importantissime nella serie, se non sbaglio ha scelto il regista, anche la scelta della sigla di apertura "Rose" cantata da Tsuchiya Anna (la voce di Nana quando canta) è particolarmente piaciuta alla Yazawa, che giù apprezzava quella cantante (nota: la sigla di chiusura dell'anime nell'originale giapponese è "A Little Pain", sostituita in quella italiana, per una questione di diritti, da "Starlet's Night"). La Koseki è stata molto disponibile e l'unica pecca del suo intervento è stata la sua traduttrice, giapponese, che non sapeva affatto l'italiano! Ma dico io...!

Comunque, l'incontro è poi proseguito con la visione dei primi quattro episodi della serie! Io ne avevo già visti un paio quando stavo in Giappone, ma devo dire che la versione in italiano, oltre a rendermi comprensibile i dialoghi, è stata anche piacevole, e l'adattamento ha comunque mantenuto il ritmo veloce e la comicità dei personaggi!

E' stato un bel pomeriggio...almeno per me...chissà il mio accompagnatore...!!

domenica, ottobre 08, 2006

Bazaar giapponese!


I giorni appena trascorsi mi hanno fatto passare la rabbia/tristezza per non essere riuscita ad iscrivermi al Noryoku Shiken. Sono andata il giorno prima della chiusura delle iscrizioni ed ho scoperto che lì i moduli non li avevano, e che andavano richiesti entro il 22 settembre. Io dal sito della Japan Foundation avevo capito che la data del 22 si riferiva a chi faceva richiesta di moduli online, perchè, magari, dopo quella data non avevano il tempo materiale per spedirli. E invece niente. E' tutto rimandato al prossimo anno. Magari studierò con il Fuji (ihihihihi) come ai vecchi tempi!

Oggi sono tornata al bazaar che la Scuola Giapponese di Roma organizza ogni anno per la prima settimana di ottobre! Credevo di trovare molta più gente di quella che c'era, anche perchè quest'anno il bazaar ha avuto una discreta pubblicità, altro che il passaparola degli anni passati! Sono andata con Pasquale e due amici di Cesena, e ovviamente ci siamo letteralmente avventati sugli stand dei cibi giapponesi (come se non avessimo mangiato in questi giorni!). Nell'ordine: riso al curry, takoyaki (che bello, era da tempo che non li cucinavano al bazaar!), yakisoba, e io ho concluso con gelato al thè verde con gli azuki come guarnizione (sapori non graditi dai miei compagni di stand!).

Le cose che ogni volta mi colpiscono di questo bazaar sono:

- il caldo insorpottabile che fa: sole come in agosto nonostante il tempo incerto di ieri. La devo ancora capire questa cosa!

-i bimbi italo-giapponesi: sono sempre di più, e sono sempre troppo kawaii!

- il sapore delizioso del riso al curry

-le urla delle giapponesi per attirare clienti nei loro stand: in Giappone ci avevo fatto l'abitudine e facevano ormai parte del "paesaggio", ma a Roma nun se possono sentì!!

La foto l'ho scattata a Sapporo, oggi non avevo con me la macchinetta!

venerdì, giugno 23, 2006

Giappone su Rai2


Lo ammetto...qui a casa mia non sono ancora arrivati parabole e decoder, non sono una figlia del nuovo millennio, e a malapena ho il lettore dvd (manco i dvx legge). Per questo quando mi sono imbattuta in questa notizia sono caduta giù dalle nuvole.

Il 26 giugno (17:30) sbarca su Rai2 un programma dedicato alle nuove tendenze in fatto di intrattenimento multimediale, manga, anime, news dal Giappone, J-Pop e J-Rock, videogames e nuove tecnologie. Il programma sbarca sulla rete nazionale direttamente dal futuro...ehm...cioè dalle frequenze di RAI Futura, e pare che goda già di un certo successo. L33T è scritto e condotto dai guru dei manga Mario "Animated" Bellina e Andrea "Economics" Materia, dal videoludico ingegner Michele Bertocchi e dall' antropologa Francesca Romana Ronchi, con la partecipazione di Costanza Melani. Non li conosco...

Comunque, questi sono gli argomenti dele trasmissioni fino al 7 luglio:


26 giugno - Kawaii
27 giugno - Otaku
28 giugno- Shoujo
29 giugno - Sport
30 giugno - On Line
3 luglio - Tradizione
4 luglio - Robot
5 luglio - Commedia Romantica
6 luglio - U.S.A.
7 luglio - Musica

Qualcuno sa parlarmi di questo programma??

domenica, maggio 28, 2006

Sushi in un nuovo ristorante!


Aggiorno il blog oggi dopo una bella abbuffata di sushi fatta ieri! Ho scoperto ieri insieme ad amici un nuovo ristorante giapponese qui a Roma, l'ASAHI KAITEN SUSHI. Il ristorante si trova in zona San Giovanni, esattamente in via di Santa Croce in Gerusalemme 1/3. Il numero di telefono per le prenotazioni è 06 70 22 158, se qualcuno volesse farci un pensierino.

Dalla strada il ristorante non si nota neppure, l'insegna riporta solo "ristorante giapponese". Mi hanno detto che occupa i locali di uno storico ristorante cinese della zona, l'Asia (se non ricordo male il nome). L'arredamento del ristorante è del tipo nippo-raffinato, ci sono tavoli normali e tavoli con la classica "fossa" per le gambe! Al piano inferiore c'è una saletta privata, e vicino all'entrata i posti davanti al nastro trasportatore del kaiten. La gestione è cinese, e il menù è quasi esclusivamente dedicato al sushi e al sashimi. Oltre vi sono udon e soba (in tutto sei o sette diversi tipi di piatti), antipasti, e qualche secondo.

Il sushi era veramente buono! Non sono l'esperta della situazione, ma la prova del 9 me l'hanno fornita il Fuji, una ragazza giapponese, e soprattutto un amico giapponese, Keisuke, che ad Osaka è cuoco di sushi: sono rimasti molto soddisfatti anche loro!! Il prezzi sono relativamente bassi per la qualità proposta, eravamo in sette e abbiamo speso 23€ a testa, 40€ del totale erano solo di birra...la Asahi ormai costa da tutte le parti 5€ a bottiglia.E' un ristorante veramente consigliato. Pare abbiano aperto da poco, ed in effetti per essere stato sabato sera non c'era quasi nessuno. Servizio molto buono. Camerieri gentili e disponibili a fare due chiacchere!

Se non ricordo male (magari qualcuno può aiutarmi, tutti tranne il Fuji, che notoriamente non regge la birra e ha fatto pure un casino con le ordinazioni...ihihihihihi), abbiamo ordinato, mangiato e bevuto, e digerito:

-un sushi matsu
-maki mono (18 pezzi)
-miso shiro quasi per tutti
-agedashi tofu
-tempura misto
-svariati temaki...tipo 13 pezzi...è qui che Fuji ha fatto un casino
-una nave di sushi da 34 pezzi
-8 bottiglie di Asahi

Questo ristorante lo consiglio vivamente! Credo che farà molto concorrenza al vicino ex-Osaka...che adesso non ricordo come si chiama!

PS. L'iscrizione alla scuola giapponese di Sapporo non so come sia andata. La tipa della segreteria all'inizio mi disse che mi avrebbe messa in lista di attesa. Domani le scrivo per sapere se devo prenotare il volo oppure no! A presto con ulteriori aggiornamenti!!

PPS: A fine aprile è uscita l'edizione aggiornata (la seconda) della guida sul Giappone della Lonely Planet! Nelle migliori librerie a 32,00€!

lunedì, febbraio 27, 2006

Dal Giappone con furore...!


Tornata più che stanca dal fine settimana fuori Roma volevo segnalare tre mostre di argomento giapponese che credo possano interessare più di una persona, forse quattro o cinque..!

La prima è TaishoFashion - La moda del Kimono dagli anni ‘20 agli anni ‘40, una mostra curata dalla mia ex professoressa di giapponese e di yamatologia Daniela Sadun, che già da qualche semestre propone nei corsi di storia dell'arte giapponese/yamatologia dell'università La Sapienza interessanti sguardi sull'arte e la società giapponese del periodo Taisho (1912-1926). La mostra, attraverso una selezione di kimono, obi e tazze da tè dell’epoca Taisho, intende rievocare il profumo di un passato che esprime ancora raffinatezza ed eleganza e di cui è simbolo quell’animo femminile che anche in Giappone iniziava ad acquisire la consapevolezza dei propri diritti oltre che del proprio fascino. L'esposizione è stata inaugurata il 24 febbraio presso Edo City (Piazza del Paradino 18, zona Campo de' Fiori) e durerà fino all'11 marzo.

La seconda è una mostra di cui so poco e niente! Si tratta di 20 Manga di Hokusai una collezione privata di venti manga del grande artista giapponese in esposizione presso Monogramma Arte Contemporanea, via Margutta 57. La mostra sarà inaugurata il 3 marzo alle 18,30 e durerà fino all'8 marzo. In galleria sarà possibile acquistare il catalogo curato da Valeria Romeo.




Dell'ultima mostra se ne è parlato anche oggi al Tg2 (incredible!). E' L'estetica del Sapore - Un'arte giapponese, presso l'Istituto giapponese di cultura, in via Gramsci 74. La mostra illustra attraverso immagini, utensili e mihon - le riproduzioni più che realistiche dei piatti, considerate una vera e propria forma di artigianato artistico - quanto vista e gusto siano complementari nella comprensione di etica ed estetica della gastronomia giapponese. La mostra è curata da Iko Itsuki e salvatore Damiani. Le foto sono di Shunji Okura.

Bhè...che aspettiamo?? Ikimashou!!

giovedì, maggio 19, 2005

La mostra effimera

Finalmente siamo riusciti ad andare alla mostra di cui sotto! Pochi intimi, ma buoni. E' stato un caldo pomeriggio e passeggiare sotto il sole dei Fori Imperiali fa sempre un bell'effetto...certo il cielo non era quello azzuro settembrino --il colore del cielo di Roma a settembre è uno spettacolo-- e faceva fin troppo caldo, ma alla fine, dopo aver aspettato la solita ritardataria (!) iniziamo la scalata del Vittoriano! La mostra sta al quarto piano? Sì, è una domanda...non me lo ricordo proprio!! Ci accoglie un'umidità da foresta fluviale cambogiana: ma le opere esposte così non si rovinano? Anyway...
La mostra non mi ha entusiasmato come avrebbe dovuto fare.
Il percorso proponeva opere "classiche" dell'arte giapponese: un piccolo Buddha dorato, una mano lignea di una statua perduta, un mandala, un'armatura, un paio di spade, un kimono...A parte il fatto che l'allestimento è un po' lugubre --se non altro per l'illuminazione non proprio efficace, soprattutto accanto alle "didascalie" degli oggetti in mostra-- mi è sembrata una forzatura voler cercare a tutti i costi un collegamento "filosofico" tra opere, sia nel motivo dei fiori di ciliegio --motivo che ricorre sempre e ovunque in tutta l'arte giapponese-- sia nel concetto dell'effimero --stesso discorso. Il percorso "contemporaneo" con poche foto (Araki in primis) è stato breve, come le emozioni che mi ha ispirato.
Io e l'amica ritardataria siamo uscite prima del tempo a prendere un po' di fresco e a farci qualche primopiano idiota, che non metterò mai e sottolineo mai su questo blog!!
Camminando un po' giro dopo abbiamo incontrato due statue di Botero a guardia della mostra di Monet!

mercoledì, aprile 27, 2005

Mostra: la bellezza effimera nell'arte giapponese

Nella raffinata filosofia giapponese, il concetto di 'hippari hai' rappresenta la summa di un pensiero che, come in nessun'altra cultura, si fonde con la vita quotidiana, dalle arti all'artigianato all'alimentazione. Difficilmente traducibile in una lingua pragmatica come quella italiana, il significato di 'hippari hai' può essere compreso immaginando una forza in grado di attrarre e respingere allo stesso tempo, di affascinare e allontanare simultaneamente. Il bene e il male si compenetrano senza mescolarsi come nell'idea dello jing e dello jiang: l'effimero e il duraturo; il fragile e il forte; l'eterno nella trasparenza della carta di riso; la forza fissata sulla tenue seta; l'antico e il moderno. Gli opposti si completano nella bellezza effimera, eternamente sul filo della distruzione nel momento del suo massimo splendore.
Figura emblematica, che concentra nella sua natura tutto il carico simbolico di questi concetti, è il ciliegio e la sua fioritura, a cui il Complesso del Vittoriano dedica la splendida mostra "Come i ciliegi in fiore. Fascino della bellezza e senso dell'effimero nella tradizione artistica del Giappone", aperta al pubblico da oggi (ndr. 27 aprile) fino al 24 maggio, tutti i giorni dalle 9.30 alle 18.30.
Beh...che stiamo ad aspettare?
Andiamo!!