Il Giappone tra tradizione e modernità. No, non parlerò della solita dicotomia a cui si pensa quando si parla, si discute, si studia il Giappone. Ma di due notizie che animano l'opinione pubblica giapponese in queste settimane e che mi hanno fatto un po' riflettere sull'ambiguità di certe prese di posizione.
La prima questione riguarda la possibilità che la piccola Principessa Aiko possa accedere al trono del Crisantemo --il Giappone ha già avuto imperatrici nella sua lunghissima storia-- e che i suoi eredi possano diventare imperatori. Ecco la novità sta proprio qui. Perchè per la prima volta si escluderebbe la linea paterna dalla successione al trono scegliendo al suo posto la linea materna. Questo semplicemente è dovuto al fatto che nella Famiglia Imperiale non nascono maschietti dal 1965. E allora sarebbe la rottura della tradizione, perchè la dinastia giapponese vanta un lignaggio di 2000 anni: l’attuale imperatore Akihito sarebbe infatti il 124mo discendente di Jimmu, il primo imperatore messo sul trono dalla dea del sole Amaterasu Omikami. L'orrore sarebbe poi se Aiko sposasse un uomo "comune" come è successo alla principessa Nori, che si è sposata per amore rinunciando ad ogni titolo imperiale --ma non ad una cospicua rendita mensile.
Il dibattito sulla successione imperiale non è molto semplice, e le soluzioni più accreditate per non interrompere la tradizione sono due:
1- restituire il titolo imperiale ad 11 famiglie imparentate con l'Imperatore e defraudate del titolo alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Nella storia del Giappone questi rami collaterali della principale Famiglia Imperiale hanno sempre svolto un ruolo di "riserva" nel momento in cui si presentava una crisi di successione.
2- sperare che il figlio che la principessa Kiko, moglie del secondogenito dell'Imperatore Akihito, partorirà a settembre sia un bel maschietto.
Nell'attesa che si sappia il sesso del nascituro, la proposta di emendare la legge sulla successione imperiale è stata per il momento accantonata. Sarebbe un bel passo in avanti verso la modernità o uno scacco matto alla tradizione? Tra l'altro ieri la principessa Kiko ha partecipato ad un antico rituale per un parto sicuro che ha celebrato poichè è entrata nel quinto mese di gravidanza (leggi qui).
La seconda questione di cui volevo parlare è invece un importante (e pericoloso?) incentivo alla tradizione. Il Partito Liberal Democratico e il suo alleato di coalizione, il Nuovo Komeito, hanno approvato oggi l'emendamento della Legge Fondamentale sull'Educazione, invariata nei suoi 11 articoli dalla sua promulgazione nel 1947. Non sembra che abbiano poi emendato troppe cose. Tuttavia l'accento che viene posto sulla Legge per l'Educazione sottolinea ed evidenzia che l'educazione deve essere impartita non solo "nello spirito della Costituzione" (espressione del 1947), ma anche "nello spirito pubblico e nel rispetto della tradizione" (espressione nuova). In più viene fornita in un articolo dell'emendamento una nuova definizione di patriottismo: "atteggiamento che rispetta la tradizione e la cultura, ama la nazione e la madre patria che ha promosso tale tradizione e cultura, e che contribuisce alla pace internazionale e allo sviluppo".
Un gruppo di intellettuali si è già mosso contro questo emendamento temendo che il decreto possa autorizzare le autorità ad incitare l'opinione pubblica in modo analogo a quello che successe nel periodo prima della Seconda Guerra Mondiale. Per questo scrivevo "pericoloso", la nuova definizione di patriottismo fa un po' "kamikaze".
Vediamo cosa scrive Garzanti. "Patriottismo: s. m. vivo e sincero amore per la propria patria".
Si può amare la propria patria sia nel rispetto della tradizione, ma guardando oltre, alla sua modernità?